Intervista a Luca Pisaroni – Operalibera
ScrollInternazionalmente conosciuto per essere uno dei cantanti più carismatici e versatili della sua generazione, il basso-baritono italiano Luca Pisaroni debutta al Rossini Opera Festival 2017 nella nuova produzione in edizione critica de Le siège de Corinthe.
“È stata una bellissima esperienza, un periodo molto lungo, ma con un’atmosfera piacevole. Per me è stata la prima volta a Pesaro, la prima con Roberto Abbado e la prima con La Fura dels Baus. Inizialmente ci si spaventa un po’, perché è un Festival con una lunga storia di grandi artisti che hanno cantato questo repertorio, ma siamo venuti tutti qua per cercare di fare il meglio, per ottenere il meglio che si può, dunque si abbandona gradualmente questo timore reverenziale e dopo i primi giorni si lavora normalmente.
L’ambiente aiuta molto, dalla produzione ai maestri collaboratori. Quest’opera è stata un’esperienza nuova per tutti, in edizione critica, con molta musica mai stata eseguita in tempi moderni, tra cui il concertato di primo atto, alcuni passaggi del duetto e molte parti dei ballabili, pertanto in principio cercavamo tutti di prendere le misure. La produzione del 2000 era molto diversa, non sembra, ma diciassette anni fanno una grande differenza. Era uno spettacolo molto statico, come molti altri dello stesso repertorio, ma oggi questa cosa è cambiata e piano piano Rossini è stato riportato al teatro proprio grazie al ROF. Ritengo che si debba trovare una ragione drammatica per tutto ciò che Rossini ha scritto, la coloratura non deve essere solo un’esibizione di bravura, ma deve avere anche una valenza nel dramma e in questo il Festival è cambiato tanto. Specialmente trovo che i recitativi accompagnati siano bellissimi e se si eseguono partendo dall’idea che le parole hanno la più grande importanza e la musica è un aiuto a commentarli, allora quello che succede è che acquisiscono una potenza, un’intenzione e in questo credo che ci siamo riusciti con il Maestro Abbado.
Fin da quando ho lavorato con Harnoncourt a Salisburgo, ritengo che i recitativi siano scritti semplicemente per avere una struttura, ma poi è l’interprete che deve dare una forza drammatica e un fraseggio, se no non ha senso ed è per quello che qui abbiamo lavorato tanto, poiché esattamente come in Mozart nei recitativi c’è molta più azione che in un’aria o un assieme e che la storia viene portata avanti”.
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