Il baritono si è formato a Busseto ma vive a Vienna. Sarà l’11 novembre alla Pergola: dalle romanze di Rossini ai songs americani di Gershwin e Porter.

di GREGORIO MOPPI

Per sentirsi a casa anche nei dieci mesi all’anno di tournée, il basso-baritono Luca Pisaroni porta sempre con sé parte della famiglia: l’alfa e l’omega della razza canina, il golden retriever Lenny 2.0 e il bassotto Tristan. Casa sua è Vienna, però anche l’America e l’Italia. Come luogo di nascita, nel 1975, gli è capitato in sorte il Venezuela, a Busseto (patria di Verdi) ha passato infanzia e giovinezza, l’Austria l’ha fatto debuttare in pompa magna al festival di Salisburgo che aveva ventisei anni e da allora gli Stati Uniti lo contendono all’Europa. Solo da noi canta meno che altrove. Colpa dei nostri teatri, che mettono su le stagioni all’ultimo momento. Comunque sabato arriva alla Pergola, ore 16, per gli Amici della musica. Programma di ariette e romanze italiane (Rossini, Bellini, Tosti) e di songs americani (Gershwin, Porter, Rodgers e Hammerstein).
Maestro Pisaroni, perché presenta un recital di canzoni, genere considerato di serie B dai cultori della classica?
“Perché è musica ben scritta, più raffinata di quanto si creda. Sono composizioni gentili che all’interprete richiedono purezza di emissione, varietà dinamica, di colori, tanta attenzione alla parola in modo tale da creare un clima colloquiale con l’ascoltatore. Sbagliato raffrontare questo repertorio al melodramma. ‘Vanne, o rosa fortunata’ di Bellini, che apre il mio concerto, non si può certo cantarla come ‘Celeste Aida’. Da italiano sento il dovere di rappresentare la mia patria anche portando nel mondo questi gioielli che noi spesso disdegnamo, ma che, se affrontati con serietà, non hanno nulla da invidiare ai Lieder di Schubert. Le ariette di Bellini, per dire, sono come piccole scene d’opera. Nello spazio di tre, quattro minuti bisogna riuscire a dipingere una situazione, un personaggio, facendo piombare repentinamente il pubblico nel cuore di una storia per appassionarlo subito. E tutto senza l’ausilio di scene e costumi: la voce nuda sul palcoscenico”.
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